Mentre fa parte della nostra condizione universale il cercare il piacere ed evitare il dolore, la cultura (compresa l’educazione formale e informale), gioca un ruolo centrale nel modo in cui affrontiamo la sofferenza. In Occidente, generalmente rifiutiamo la sofferenza. La vediamo come uno ostacolo indesiderato nella ricerca della felicità.
“Sofferenza” è un termine usato per descrivere una serie di esperienze che sono considerate dolorose, difficili da sopportare, e difficili da accettare. Spesso si pensa alla sofferenza come a qualcosa di sperimentato dagli altri, dall’individuo che si trova in una situazione estrema e drammatica.
Tuttavia, la sofferenza nelle relazioni si verifica molto frequentemente, sotto forma di insicurezza nei confronti di un altro, o perché ci sentiamo giudicati o ci chiudiamo nel rapporto, quando ci manca un senso di appartenenza ma anche quando sentiamo di non meritare o di non essere abbastanza. Addirittura, quando esperimentiamo dei dubbi e ci assale l’ansia, o ci annoiamo e non sappiamo cosa fare o dire.
Se si vuole affrontare questo argomento in modo serio e definitivo , la prima domanda che dobbiamo porci è la seguente: “Se una persona è malata, qual’ è il primo passo che deve fare per poter guarire?” Pensaci seriamente, per un attimo, prima di proseguire con il podcast.
Dobbiamo renderci conto, con i nostri occhi, di essere ammalati o di avere un problema! Non serve che altri ce lo dicano, anzi essendo testardi come siamo, probabilmente le cose peggiorerebbero. Comunque, questo rendersi conto non è un’operazione intellettuale, banale o fatta a caso in modo superficiale, del tipo: “Ho visto la mia sofferenza Daniel, allora cosa si fa?”. Ci vuole un intenso investimento di energia nel porre lo sguardo sulla propria sofferenza. Ecco perché io la chiamo, Il risveglio alla Sofferenza.
La sofferenza non dovrebbe essere anestetizzata chimicamente o evitata. J Davies
Una volta che abbiamo riconosciuto la propria sofferenza, in qualsiasi forma lei si presenti nella nostra vita, e quindi quando abbiamo smesso di negarla o giustificarla, solo allora bisogna fare il “viaggio interiore” per scoprire com’è che nasce ed emerge. La sofferenza è una scelta? Cosa la alimenta? La nostra percezione della sofferenza può essere cambiata? E se cambia, cosa succede con l’esperienza? Cosa succede con la sofferenza se è davvero esperimentata?
Se c’è una condizione universale, questa è la credenza che la sofferenza sia “appiccicata” agli eventi o alle situazioni della vita, quali la fine di un rapporto di coppia come un divorzio, o quando qualcuno non ti tratta bene e ti alza la voce, la perdita del lavoro, se qualcuno si arrabbia con te o difronte alla morte.
In questa fase serve avere un atteggiamento molto scientifico è aperto. Bisogna essere in grado di verificare in prima persona se questa credenza è fondata o meno. Bisogna capire come scatta davvero.
Il risultato di una ricerca seria e sistematica ci rivela come non è il caso a determinare ciò, la sofferenza non è mai generata dagli eventi in sé. Se lo fosse tutti dovremmo rispondere allo stesso modo davanti agli stessi eventi, come per esempio quando un figlio ti mente. C’è chi si offende, chi si arrabbia, chi punisce il proprio figlio e c’è chi disimpara l’immagine irreale del figlio perfetto, e scopre qualcosa di nuovo, che fa fiorire la relazione.
E’ solo a questo punto che si può iniziare un processo di guarigione o liberazione dell’abitudine più lunga che abbia mai governato la specie umana: la sofferenza psicologica.
In questo percorso, Truthful Parent, questo è ciò che facciamo, confrontiamo la sofferenza da tantissimi punti di vista, fino ad arrivare alla sua radice. E quando la sofferenza si comincia a dissolvere, nella propria esperienza, davanti ai propri occhi increduli, che scopriamo il nostro vero ruolo come genitori.
La Sofferenza è il portale più importante per la trasformazione personale e la scoperta della compassione nelle relazioni.
Diventiamo Genitori Autentici, quando i nostri figli non devono più ereditare le nostre pene, dolori e mancanze, perché ce ne siamo fatti carico noi.
Ecco che allora e solo allora, i nostri figli sono liberi di esplorare la Vita senza il fardello del nostro condizionamento, ed emerge la più alta forma di relazione con loro: l’Amicizia.